Diamo spazio alla Dott.ssa Esmeralda Trogu, coordinatrice per le regioni Sardegna e Sicilia del network www.consulentiaziendaliditalia.it.
DOGGY BAG
Un esempio da seguire.
Un’importante segnale contro lo scandalo degli sprechi alimentari.
È notizia recente che la Corte di Cassazione ha emesso una sentenza a favore della “doggy bag” cioè il sacchetto degli avanzi, da portare a casa se non si è finito il pasto al ristorante.
Con la sentenza n. 29942 dell’8 luglio infatti, la Suprema Corte ha accettato il ricorso di un turista in un albergo friulano, condannato per ingiurie durante una lite con il gestore del posto dovuta al divieto di avere una doggy bag e al rifiuto di riempire la borraccia con l’acqua avanzata in tavola.
Così la “doggy bag” è stata definita nella sentenza parte delle “regole comunemente accettate nella civile convivenza”.
Un italiano su cinque, quando esce dal ristorante si porta a casa gli avanzi che ha lasciato nel piatto con la cosiddetta ‘doggy bag’, ma una percentuale superiore ritiene che sia da maleducati, da poveracci e volgari, e si vergogna a chiederla. Un comportamento che mal si concilia con i troppi pudori ancora presenti nel richiedere gli avanzi del cibo acquistato nel ristorante come avviene abitualmente in altre realtà.
Chiedere di portare a casa il cibo avanzato quando si va a mangiare fuori è un comportamento molto diffuso in altri Paesi a partire dagli Stati Uniti dove la doggy bag è una prassi consolidata per gli stessi Vip.
La Coldiretti precisa:
“Nell’anno dell’insediamento alla Casa Bianca a luglio nella prima visita ufficiale a Roma Michelle Obama ha scelto nel ristorante ‘I maccheroni’ un menu a base di assaggi di pasta alla carbonara, lasagna e amatriciana accompagnati di vino rosso e prosecco facendosi notare per la richiesta della ‘doggy bag’ con gli avanzi della cena come segnale contro lo scandalo degli sprechi alimentari.
Recentemente la cantante Rihanna è uscita da un prestigioso ristorante di Santa Monica con una bottiglia di Sassicaia non ancora svuotata del tutto”
UNA PRASSI che non ha ancora preso piede in Italia dove permangono molte resistenze anche se di fronte a questa nuova esigenza molti ristoratori si stanno attrezzando, per evitare imbarazzi, chiedendo riservatamente al cliente se desidera portare a casa il cibo o anche il vino non finito mettendo a disposizione confezioni o vaschette apposite. ‘IKEA ha recentemente introdotto dei contenitori apposta per lo scopo.
Lo spreco del cibo e’ un vero scandalo.
E’ un’ opportunità’ per ottimizzare la spesa, ma anche per ridurre gli sprechi alimentari questo è l’ obiettivo fissato dalla Carta di Milano che, dopo essere stata firmata da cittadini e leader mondiali all’Expo, sarà presentata il 26 settembre alle Nazioni Unite.
Ma cosa ci frena nel chiedere di poter avere un contenitore perché non si riesce a finire la pietanza o la pizza che abbiamo ordinato?
Il senso di vergogna per prima cosa, come se stessimo facendo qualcosa di sbagliato o poco accettato socialmente, come se fossimo dei poveracci agli occhi degli altri commensali.
Ma proviamo a pensare ai diversi vantaggi del richiederla, per sconfiggere un po’ il senso di vergogna che ci può cogliere:
1) È ecologica. NO allo spreco di cibo, che va direttamente e nel migliore dei casi, nel bidone dell’umido. Potremmo riscaldarlo il giorno dopo e mangiarcelo!
2) È economico. È cibo che abbiamo pagato, quindi è nostro, nulla ci impedisce di averlo se non l’abbiamo terminato
3) È un buon metro di giudizio sul ristorante, pizzeria dove ci siamo recati. Non dico che tutti i locali debbano essere attrezzati con meravigliose doggy bag di design, ma non credo che nei ristoranti ci sia mancanza di vaschette da asporto e nelle pizzerie di scatole apposite per metterci la vostra fetta di pizza avanzata. Se un locale è ben disposto verso il cliente, si vede anche da questo.
4) Diamo il buon esempio. Se siamo a tavola con amici, con parenti, con i nostri bambini, daremo il buon esempio e magari la prossima volta la chiederà anche qualcun altro, con il risultato di “sdoganare” una pratica ancora così poco diffusa.
Dovremmo davvero imparare che non è normale buttare mezza pizza, o anche solo delle fette di affettato. Buttare del cibo perfettamente commestibile e gustoso risulta veramente un peccato farlo finire nei rifiuti è non solo perché è poco ecologico e poco furbo in tempi di crisi, ma anche poco etico in un pianeta in cui una buona parte degli abitanti non ha cibo sufficiente.
Ogni italiano durante l’anno ha buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari. Una situazione che sta migliorando tra le mura domestiche dove sei cittadini su dieci, hanno diminuito o annullato gli sprechi domestici facendo la spesa in modo più accurato, utilizzando gli avanzi nel pasto successivo, o guardando con più attenzione la data di scadenza.